La vitamina D è nota per l’azione di fissazione del calcio a livello osseo (prevenzione rachitismo e osteoporosi). Ma ha anche importanti funzioni extrascheletriche, legate all’efficienza cardiopolmonare, alla crescita muscolare e alla modulazione del sistema immunitario.
Alcuni lavori hanno anche evidenziato delle potenzialità nel rallentare lo sviluppo delle malattie neoplastiche e nella prevenzione del diabete. Il consenso scientifico su questo tema è però piuttosto labile.
Fabbisogno, fonti alimentari e produzione endogena
Il fabbisogno giornaliero di vitamina D stabilito nell’ultima revisione dei LARN della SINU è di 15 μg per tutte le fasce di età. Fanno eccezione i lattanti (10 μg) e gli anziani con età superiore a 75 anni (20 μg).
Il raggiungimento del fabbisogno giornaliero di vitamina D tramite l’alimentazione è difficile, a meno di non assumere alimenti fortificati.
Contenuto | Alimento | |
Molto elevato | > 100% del fabbisogno giornaliero dell’adulto per 100 g | Aringa (fresca, affumicata, marinata), tonno fresco, salmone in salamoia |
Elevato | 50-100% del fabbisogno giornaliero dell’adulto per 100 g | Suro, pesce gatto, pesce spada, acciuga, spicgola cernia, latterini, trota, carpa, luccio, coregone, palombo, salmone, storione |
Medio | 25-50% del fabbisogno giornaliero dell’adulto per 100 g | Anguilla, uovo di anatra, oca e tuorlo di uovo di gallina, capitone, sarda, vongola |
Come possiamo vedere, buone fonti alimentare sono rappresentate dal pesce e dalle uova. Una valida alternativa è rappresentata dagli integratori alimentari, ma il loro utilizzo andrebbe valutato in base alla concentrazione ematica.
Un nome alternativo della vitamina D è vitamina del sole. Infatti il nostro organismo è in grado di produrre colecalciferolo (la forma animale della vitamina) partendo dal 7-deidrocolesterolo, tramite l’esposizione ai raggi ultravioletti (UVB). Questa forma è inattiva dal punto di vista biologico, e deve subire due successive trasformazioni (idrossilazioni) nel fegato e nel rene, per diventare finalmente calcitriolo, la forma attiva. Chi ha problemi epatici o renali potrebbe quindi essere più soggetto a carenza rispetto ai sani.
Il tempo di esposizione al sole necessario alla produzione di vitamina D varia ovviamente in base alla latitudine, al periodo dell’anno ed al colore della pelle. Chi ha la pelle più scura ha infatti necessità di periodi di esposizione più lunghi rispetto a chi ha la pelle chiara. Occorre ovviamente prendere tutte le precauzioni necessarie a limitare i danni alla pelle causati dall’esposizione diretta alla luce solare.
La carenza
In Italia, negli ultimi 20 anni, diversi studi hanno analizzato la carenza di vitamina D nella popolazione, evidenziando come la carenza sia più diffusa tra la popolazione anziana, arrivando a punte del 75%.
Il picco di ipovitaminosi D si ha in inverno e inizio primavera, mentre l’estate è la stagione in cui i livelli di vitamina D sono più elevati.
Quali sono i livelli di vitamina D adeguati? | |
Carenza | <10 ng/ml o < 25 nmol/l |
Insufficienza | 10-30 ng/ml o 25-75 nmol/l |
Sufficienza | 30-100 ng/ml o 75-240 nmol/l |
Tossicità | >100 ng/ml o > 240 nmol/l |
Secondo il report IOM (Institute of Medicine) del 2011, il livello di carenza è posto a <20 ng/ml. Anche l’Associazione dei Medici Endocrinologi italiani è dello stesso parere: in un consensus pubblicato nel 2018 sulla rivista Nutrients, propone di abbassare la soglia per l’insufficienza a 20 ng/ml (50 nmol/l), ad eccezione dei soggetti osteoporotici o pazienti che assumono già farmaci per la cura dell’osteoporosi, per cui i valori rimangono quelli attuali. Qusta modifica consentirebbe una prescrizione più congrua degli integratori di vitamina D.
Carenza di vitamina D e COVID19
Ci sono correlazioni tra la carenza di vitamina D e la gravità di COVID-19, ovvero la patologia legata a SARS-CoV-2? Uno studio (o meglio, un pre-print non ancora soggetto a peer-review) sembrerebbe indicare delle correlazioni. Tra i problemi di questo studio, che ne minano l’attendibilità, i fatto che i valori di vitamina D non sono stati misurati, ma derivati dai livelli di PCR. Le conclusioni sono quindi difficilmente generalizzabili.
Oltre a ciò, una meta-analisi del 2017 (seppur non specifica sul Coronavirus) ha evidenziato come la riduzione del rischio di sviluppare malattie del tratto respiratorio tramite la supplementazione di vitamina D sia estremamente ridotta.
Sulla base di queste considerazioni, al momento sembra poco probabile che la carenza di vitamina D abbia un ruolo importante nello sviluppo della malattia.
Bibliografia
- Manson JE, Brannon PM, Rosen CJ, Taylor CL. Vitamin DDeficiency – Is There Really a Pandemic? N Engl J Med. 2016 Nov 10;375(19):1817-1820.
- Cashman KD, Dowling KG, Škrabáková Z, et al. Vitamin Ddeficiency in Europe: pandemic? Am J Clin Nutr. 2016 Apr;103(4):1033-44.
- de la Puente Yagüe M, Collado Yurrita L, Ciudad Cabañas MJ, Cuadrado Cenzual MA. Role of Vitamin Din Athletes and Their Performance: Current Concepts and New Trends. 2020 Feb 23;12(2).
- Cesareo R, Attanasio R, Caputo M, et al. Italian Association of Clinical Endocrinologists (AME) and Italian Chapter of the American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) Position Statement: Clinical Management of Vitamin DDeficiency in Adults. 2018 Apr 27;10(5).