Sono giorni di fuoco per il pranzo a scuola. Da settimane prosegue il dibattito se lasciare la possibilità alle famiglie di preparare i pranzi scolastici da casa o mantenere l’uniformità del pasto erogato con la mensa scolastica. Ma al di là delle divergenze ideologiche quali sono i benefici a livello divistico e nutrizionale?
Si è parlato molto nelle ultime settimane del “diritto al baracchino” nelle scuole, ovvero la possibilità di portarsi il pranzo da casa scegliere o continuare a usufruire del servizio di mensa scolastica. Come al solito sono nate polemiche e partigianerie varie, con prese di posizione ministeriali, sentenze di tribunale, articoli di giornale e le ormai immancabili petizioni on-line.
Non ho intenzione di prendere parte a polemiche sterili, ma ho riscontrato, in questa storia, alcune criticità. Sono un dietista, non un economista o un politico, per cui tratterò il discorso come tale, concentrandomi su due punti fondamentali: la sicurezza alimentare e l‘adeguatezza nutrizionale dei pasti.
Sicurezza alimentare
La maggior parte delle malattie trasmesse dagli alimenti (intossicazioni, infezioni e tossinfezioni alimentari) sono causate dal mancato rispetto delle norme igienico-sanitarie di base. Basta pochissimo: un colpo di tosse, un piano di lavoro non pulito, non lavare adeguatamente le mani o gli alimenti ed il cibo può essere contaminato. Se alla contaminazione del cibo uniamo cattive pratiche di conservazione (interruzione della catena del freddo o del caldo), rischiamo di avere un alimento potenzialmente pericoloso per la salute.
Il cibo può anche comportare dei rischi fisici oltre che microbiologici: basti pensare, a titolo di esempio, all’utilizzo di olive non denocciolate e al possibile rischio di soffocamento nei bambini piccoli.
E qui sorge la prima criticità: mentre un’azienda operante nel settore della ristorazione collettiva deve sottostare a rigorose norme sulla sicurezza alimentare (create per tutelare i soggetti più deboli ed esposti alle malattie trasmesse dagli alimenti, come i bambini), a casa propria ognuno fa ciò che ritiene opportuno, così come nel confezionamento e nel trasporto del cibo nel tragitto casa-scuola. E subentra anche il problema della conservazione del cibo fino alla somministrazione e del riscaldamento dello stesso, questione che pone ulteriori problemi logistici a carico, questa volta, della scuola.
Altra importante questione è lo scambio di cibo tra bambini: basterebbe un pasto contaminato per creare un problema sanitario rilevante. Occorrerebbe quindi informare e formare i bambini sul fatto che ognuno deve mangiare il proprio cibo, un po’ come già si fa con i bambini affetti da allergie alimentari.
Adeguatezza nutrizionale dei pasti
La scuola ha un ruolo educativo fondamentale. L’educazione alimentare rientra (o almeno dovrebbe) a pieno titolo nelle finalità educative scolastiche. E l’educazione alimentare può essere fatta sia in classe che, in modo indiretto, in mensa.
I menù scolastici, infatti, prima di essere approvati sono sottoposti al vaglio dei SIAN, che ne valutano l’adeguatezza nutrizionale e l’attinenza con le norme di una corretta alimentazione.
Ed eccoci alla seconda criticità: questo genere di valutazioni, ovviamente, non può essere riservato ai pasti portati da casa. Quindi, facendo un esempio un po’ estremo, potremmo avere genitori che gestiscono in modo ineccepibile l’alimentazione dei figli e genitori che nutrono i figli a pizza, hamburger e patatine. Con buona pace dell’educazione alimentare.
Un diritto che occorre guadagnarsi
Sono convinto che, con un po’ di organizzazione, le criticità sanitarie e nutrizionali evidenziate possano essere superate, almeno a livello locale. Tutto ciò richiede però gli sforzi congiunti:
- Della scuola, che deve dotarsi delle opportune attrezzature e di personale formato per la manipolazione e distribuzione dei pasti.
- Degli insegnanti e degli assistenti educatori, che avranno ulteriori mansioni sia formative che di controllo durante i pasti .
- Dei genitori, i quali devono essere formati sia sotto il profilo igienico-sanitario (adeguata preparazione, conservazione e trasporto del cibo) che sotto quello nutrizionale (un’idea sarebbe quella di fornire un menù approvato dal SIAN, riportante le porzioni, che i genitori possano replicare a casa, apportando magari piccole modifiche). I genitori che decideranno di fornire al figlio il pasto da casa dovranno essere consapevoli che, così facendo, si assumeranno delle responsabilità in più verso i propri figli e verso la comunità.
Appare ovvio che questo meccanismo è destinato a bloccarsi qualora uno dei soggetti coinvolti non sia disposto a collaborare.